Nello Spazio Arte del Museo delle Genti d’Abruzzo di Pescara, il primo ottobre, alle ore 18, si svolgerà un incontro di approfondimento tra arte, simboli e psicanalisi, dedicato alle opere del maestro Eugenio De Medio, in occasione dell’inaugurazione della sua personale “ARCHETIPI”.
I dipinti, le sculture, le installazioni in esposizione sono legati dal comune denominatore della ricerca dei significati e dei messaggi ancestrali di segni, grafemi e oggetti iconici che saranno approfonditi dalla dottoressa Micaela Conti, dalla dottoressa Valentina D’Angelo e dal dottor Pierluigi Dattoli.
Il progetto è stato voluto e co-organizzato dal Museo delle Genti d’Abruzzo, dalla Fondazione Genti d’Abruzzo, dalla Pro Loco Ostia Aterni, dall’Associazione Riflessi di Pescara e dall’Associazione Trifoglio di Chieti.
La mostra rimarrà aperta fino al 16 ottobre dalle 9 alle 13 da martedì a venerdì e dalle 16 alle 20 sabato e domenica.
Eugenio DE MEDIO è un artista che dedica la sua vita all’esercizio delle arti, soprattutto visive, coniugandole con ricerche di crescita personale.
Con sue opere di diversa natura ha partecipato a numerose esposizioni, mostre personali e collettive in Italia e all’estero.
Sin da giovanissimo ha approfondito studi di tecnica pittorica sperimentando i vari processi di preparazione delle tavole e delle tele, le varie tipologie di colore, l’anatomia, il disegno dal vero, le prospettive ecc. ritenendo che, anche se l’espressione artistica, maturando, possa liberarsi da tecnicismi e manierismi accademici, debba, comunque, basarsi sulla conoscenza delle tecniche e della materia, in senso lato, in quanto, parafrasando un celebre detto, la materia non è acqua, e neppure la tecnica lo è. Parallelamente, si è valso della possibilità di viaggiare per motivi di studio e di lavoro legati ad ambiti culturali (è architetto con specializzazione in “Conservation of Cultural Properties” con al suo attivo numerosi corsi post laurea, prevalentemente imperniati sulla cultura del Rinascimento, in prestigiose università e fondazioni) per conoscere le opere dei grandi maestri e “ascoltare” i messaggi da essi trasmessi tramite le composizioni, i colori, gli accostamenti, i contrasti, l’uso della luce. Pian piano, quindi, preparando colle di coniglio, imprimiture, incanottature, dorature a foglia…; impastando le terre e i minerali con acqua, uova, oli…; disegnando infinite volte, figure ed oggetti; insomma, partendo dalle mansioni e dagli esercizi basilari, ha, man mano, affinato una sua visione del fare arte che si è sviluppata per cicli pittorici sino a elaborare una personalissima tecnica che è lo stesso autore a descrivere.
“A 25 anni partecipai a scavi archeologici presso il Foro Romano. Il processo di scavo consiste nello scoprire strati sovrapposti che, grazie ai reperti trovati, narrano la storia del sito.
Quel processo laborioso mi portò a riflettere sul fatto che, in fondo, anche per conoscere noi stessi e la realtà delle cose occorra scavare e che ciò che appare a prima vista spesso nasconda quello che nel profondo si trova. La prospettiva era totalmente cambiata e mi permetteva di vedere piuttosto che guardare distrattamente il mondo attorno a me e, più ancora, di consentire all’universo di scoprirmi più che cercare di esplorare io i suoi misteri.
Scoprendo man mano gli strati più profondi, si può comprendere il senso e la bellezza di quanto è in superficie nell’infinita ricerca della dimensione spirituale e divina dell’anima in evoluzione che è in ogni essere.
Questa visione delle cose è riemersa nella mia pittura, realizzata sovrapponendo strati più o meno sottili e trasparenti di materia. Le spatole sono divenute lo strumento ideale per connettere e sovrapporre campiture di colore, scavare gli strati superficiali, sia dell’opera sia dell’anima, per far affiorare quelli sottostanti.” Tale tecnica consente di ottenere sempre effetti unici e irripetibili rendendo impossibili eventuali copie ed è stata utilizzata in opere più o meno figurative appartenenti a vari cicli pittorici permettendo a intuizioni, sensazioni, esperienze e sentimenti di materializzarsi nel colore.
Seppur apparentemente diversi, i “soggetti” delle opere, siano essi figurativi, astratti o concettuali, sono legati dal filo impercettibile del loro esistere oltre le proprie apparenze; di contenere e trasmettere con le immagini visibili agli occhi l’immagine, altrettanto reale, della propria essenza che può essere percepita, a prescindere dal linguaggio dato alla rappresentazione, essendo presente nello spirito e nell’anima dell’osservatore attento quale archetipo. Per questo, oggetti iconici, grafemi e parole, che superano i rispettivi significati semantici, e simboli, spesso comuni a culture tra loro distanti migliaia di chilometri, entrano indifferentemente nel vocabolario pittorico dell’autore. È tramite questo vocabolario visivo che egli elabora i suoi pensieri, la sua filosofia, le sue credenze escatologiche, il suo rapporto con la creazione e l’Uno che poi trasmette alle sue opere per svolgere la sua “missione” di stare nel mondo per migliorare il proprio essere e, parallelamente, sperando di lasciarlo più bello di quanto lo abbia trovato.
Gli elementi costitutivi del principale filone pittorico dell’autore, riferito ai simboli archetipi, sono utilizzati anche in altri ambiti di arte e design, quali sculture, ceramiche, tessuti, elementi e complementi d’arredo inseriti in ambienti a volte da lui stesso progettati. Anche la struttura compositiva dei dipinti utilizza forme e rapporti archetipi quali il quadrato, il cerchio, il “pi” (la ruota forata), la sezione aurea ecc.
Per De Medio “dipingere è come respirare”; liberare il proprio spirito dai limiti imposti dagli elementi materiali. Siamo archeologi e al tempo stesso architetti della mente, “arteologi” dice l’autore, instancabili nel districarci tra concretezza e immaginazione.
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